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26/02/2024Il Decreto-legge numero 212 del 29 dicembre 2023, denominato “Decreto Salva bonus”, introduce modifiche importanti per quanto riguarda il superbonus 110%. Fra queste le agevolazioni fiscali relative all’abbattimento delle barriere architettoniche e le opzioni di sconto in fattura e cessione del credito disciplinate dal Decreto Rilancio. Tuttavia, come accade spesso con le nuove normative, emergono alcune difficoltà applicative.
Questo provvedimento ha suscitato numerose critiche e delusioni tra gli operatori del settore, condomini e gli intermediari finanziari. Secondo i dati Enea, i lavori ancora da realizzare nei cantieri condominiali ammontano a cifre considerevoli e l’assenza di un concreto intervento normativo potrebbe tradursi in gravi difficoltà economiche per i proprietari di immobili e in un aumento dei contenziosi legali.
Alla vigilia dell’ultimo Consiglio dei ministri dell’anno tutti si aspettavano una mini-proroga della agevolazione fiscale. Ci si auspicava l’introduzione di uno stato di avanzamento lavori (SAL) straordinario per i condomini. Tale ipotesi, considerata da molti “rivoluzionaria”, avrebbe consentito ai condomini la possibilità di portare a termine i lavori iniziati entro la fine del 2023, mantenendo l’accesso alle aliquote più vantaggiose del 110% e del 90%, anziché subire un taglio al 70% ad una sola condizione però: presentare una documentazione che attesti un avanzamento significativo dei lavori in questi primi mesi del 2024.
La normativa contenuta dal decreto 212/2023 come previsto dall’articolo 1, stabilisce invece una sorta di “sanatoria”, ma non una proroga propriamente detta. Tale sanatoria riguarda gli interventi realizzati in conformità all’articolo 119 del Decreto-legge 34/2020, per i quali si è optato per la cessione del credito o lo sconto in fattura, anziché per la detrazione diretta. Secondo questa disposizione, se entro il 31 dicembre 2023 sono stati effettuati stati di avanzamento lavori ufficiali (SAL), non sarà possibile per l’Agenzia delle Entrate recuperare le detrazioni spettanti, anche se non è stato raggiunto il requisito del doppio salto di classe energetica.
Questa norma, se da un lato può essere considerata come un tentativo di prevenire possibili contenziosi tributari tra i beneficiari delle agevolazioni fiscali e l’Agenzia delle Entrate, non sembra adeguata a gestire o limitare i contenziosi tra i committenti e gli appaltatori. Il problema principale sorge in quelle situazioni in cui, a causa della mancata proroga e del conseguente mancato completamento dei lavori entro i termini previsti, si passa da un regime di beneficio fiscale elevato (110% o 90%, a seconda dei casi) al 70%, che era la percentuale di detrazione prevista prima dell’introduzione del Decreto-legge 212/2023.
Questa situazione potrebbe portare a una serie di complicazioni legali. Da un lato, i committenti potrebbero trovarsi a dover affrontare una riduzione sostanziale del beneficio fiscale previsto. Dall’altro, gli appaltatori potrebbero essere esposti a richieste di risarcimento o a contestazioni per il mancato completamento dei lavori nei tempi previsti.
Sicuramente l’assenza di una proroga per il completamento dei lavori inciderà in maniera negativa sulla gestione finanziaria degli interventi stessi, soprattutto per coloro che hanno pianificato i lavori basandosi sulla disponibilità del superbonus con un orizzontale temporale più esteso.
Altro aspetto è la disparità di trattamento in base al reddito. L’articolo 1, comma 2 del decreto legislativo introduce una misura di sostegno finanziario destinata ai soggetti con un reddito non superiore a 15.000 euro a condizione che tali interventi abbiano raggiunto uno stato di avanzamento lavori non inferiore al 60% entro il 31 dicembre 2023, per beneficiare del contributo per le spese sostenute dal 1° gennaio 2024 al 31 ottobre 2024.
Dalla disposizione in commento emergono due aspetti peculiari. Il primo è la disparità all’interno del contesto condominiale: la norma crea una potenziale discrasia tra i condòmini, basata sul reddito e potrebbe portare a disuguaglianze all’interno della compagine condominiale, in quanto il contributo è riservato esclusivamente ai soggetti con reddito inferiore a 15.000 euro. Questo criterio di selezione potrebbe generare disaccordi e tensioni tra i condòmini, specialmente in contesti in cui la differenziazione dei redditi è marcata, creando inevitabilmente una discriminazione tra condomini abbienti e meno abbienti.
Il secondo aspetto è la limitazione temporale del contributo: la disposizione stabilisce un periodo limitato (da gennaio a ottobre 2024) per il riconoscimento del contributo. La limitazione temporale potrebbe avere un impatto significativo sull’efficacia del sostegno offerto e sulla pianificazione degli interventi da parte dei beneficiari.
di Matteo Ferrara commercialista