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21/02/2023riarmo strategico voluto dal premier Kishida
Il Giappone si prepara ad entrare nell’ordine internazionale delle grandi potenze.
Una nuova fase storica è giunta all’orizzonte per Tokyo. Lo scorso 16 dicembre, in un comunicato stampa, il primo ministro giapponese Fumio Kishida ha annunciato il suo nuovo piano di riarmo dal valore di 320 miliardi di dollari.
Il governo ha presentato tre documenti programmatici: il National Security Strategy (NSS), il National Defense Strategy (NDS) e il Defense Buildup Program (DBP).
La terza potenza mondiale asiatica abbandona il pacifismo costituzionale, elemento caratterizzante della sua politica estera, per entrare in una nuova fase nell’ambito delle relazioni internazionali, visto il panorama contrassegnato da guerre e sfide per l’egemonia mondiale sia in campo economico che in quello militare.
Per diversi anni, il partito Socialdemocratico giapponese si è visto impegnato nel progetto di riforma della costituzione del 1947 imposta dagli Stati Uniti, con riguardo l’articolo 9 che recita “Aspirando sinceramente ad una pace internazionale fondata sulla giustizia e sull’ordine, il popolo giapponese rinunzia per sempre alla guerra, quale diritto sovrano della Nazione, ed alla minaccia o all’uso della forza, quale mezzo per risolvere le controversie internazionali.
Per conseguire, l’obbiettivo proclamato nel comma precedente, non saranno mantenute forze di terra, del mare e dell’aria, e nemmeno altri mezzi bellici. Il diritto di belligeranza dello Stato non sarà riconosciuto”.
Una chiara rinuncia alla guerra. Difatti, ancora oggi le forze armate giapponesi sono chiamate Self-Defense Forces, proprio per sottolineare il loro carattere esclusivamente difensivo.
È all’orizzonte una nuova politica in campo regionale ed estero. Lo Stato non vuole più limitarsi all’utilizzo dello strumento diplomatico, ma è intenzionato ad utilizzare la tattica militare come strumento credibile di deterrenza. Il documento della NSS pone in rilievo l’importanza della libertà dello spazio appartenente all’Indo-Pacifico in un’ottica di cooperazione e di rispetto delle norme del diritto internazionale.
Già lo scorso mese di novembre il ministro Kishida aveva proposto un piano per innalzare il bilancio della spesa in materia di difesa dal 1% al 2% in linea con gli Stati occidentali, come si legge nel documento DBP.
Questo perché l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha mostrato che non vi è alcuna garanzia di pace nel panorama delle relazioni internazionali. Azioni unilaterali come quella intrapresa dal Cremlino possono dar seguito ad altre forme di aggressione. Si pensa anche alla situazione dei paesi in Medio Oriente.
Un Afghanistan governato da terroristi, l’Iran oggetto di proteste da parte dei cittadini per vedersi riconosciuto il diritto alla libertà.
Interessante è il quadro politico dei documenti verso il vicino cinese. La Cina è vista come “la più grande sfida strategica mai affrontata dal Giappone”.
Oltre Pechino, una minaccia che incombe su Tokyo è la Corea del Nord e la stessa Russia.
L’attrito con Mosca riguarda le Isole Curili Meridionali che furono occupate dai sovietici e di cui il Giappone ne rivendica quattro: Iturup/Etorofu, Kunashir/Kunashiri, Shikotan, e le isole Habomai.
Riguardo al carattere pratico del documento sulla strategia nazionale si legge la possibilità per le SDF giapponesi della “counterstrike capability”, ossia la possibilità di attaccare direttamente il territorio in caso di emergenza e in determinate circostanze.
Il Giappone dovrà adeguarsi all’arsenale delle altre potenze. Dagli Stati Uniti comprerà tra i 400 e 500 Tomahawks, in grado di colpire obiettivi a più di 1600 km di distanza e missili standoff Type-12.
Questi documenti, accolti con favore dalla Casa Bianca, rilevano l’intenzione per il Giappone di diventare un attore essenziale nel panorama delle relazioni internazionali.
In quest’ottica gli Stati per essere definiti “grandi potenze” devono mostrare che la loro crescita economica misurata in PIL deve essere parallelamente integrata in un aumento della spesa in materia di difesa, quindi in armamenti e tecnologia militare.
Solo così un Paese può dimostrare di essere “robusto”, ossia di avere una grande capacità strategica e di poter utilizzare la tattica della deterrenza.
Di Nicole Giordano vicedirettore.