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26/02/2024Il Medio Oriente allargato sta vivendo uno tra i periodi più bui della sua storia. Dall’attacco dello scorso ottobre da parte di Hamas, il Movimento Islamico di Resistenza, il gabinetto israeliano sta valutando i punti di un piano di pace avanzato dal gruppo islamista. L’Egitto e il Qatar si pongono in una posizione di moderatori per un cessate il fuoco.
La proposta dell’organizzazione politica palestinese di stampo islamista, sunnita e fondamentalista, prevede un accordo in tre fasi ciascuna della durata di 45 giorni. La prima fase umanitaria prevede la liberazione di tutti i detenuti israeliani tra donne e bambini al di sotto dei 19 anni, anziani e malati, in cambio di un numero di palestinesi.
Inoltre, mira a intensificare gli aiuti umanitari, la redistribuzione delle forze al di fuori delle aree popolate consentendo la ricostruzione di ospedali, case e strutture nelle aree della Striscia di Gaza permettendo alle agenzie delle Nazioni Unite di svolgere liberamente il loro lavoro.
Nella seconda fase, la conclusione dei negoziati sui requisiti per la continuazione delle operazioni militari reciproche e il ritorno ad uno stato di calma. Anche in questo step, si prevede il rilascio di tutti gli uomini detenuti, in cambio di civili palestinesi, e la continuazione delle misure umanitarie.
La terza fase mira allo scambio dei corpi e dei resti dei defunti. Si chiede, inoltre, la fine degli assalti dei coloni israeliani alla moschea di Al-Aqsa a Gerusalemme con il conseguente ripristino delle condizioni di accesso al sito. Un ulteriore dettaglio da non sottovalutare è l’inclusione di alcuni stati che svolgono il ruolo di moderatori al fine dell’attuazione dell’accordo, tra i quali figurano il Qatar, l’Egitto, gli Stati Uniti, la Turchia e la Russia. Una coalizione frammentaria sotto ogni punto di vista, alcuni ideologicamente distanti.
Da parte israeliana le richieste di Hamas sono inaccettabili. L’obiettivo delle IDF, Forze di difesa israeliane è prendere l’ultima roccaforte dell’organizzazione, la città di Rafah, nella zona meridionale della Striscia di Gaza. Yoav Gallant, ministro della Difesa israeliano, in una conferenza stampa ha dichiarato “Raggiungeremo anche le aree dove non abbiamo ancora combattuto, nel centro della Striscia di Gaza e nel sud, e soprattutto nell’ultima roccaforte rimasta di Hamas a Rafah”. Per Netanyahu la strada della tregua non può essere praticabile perché lo scopo è la distruzione totale della fazione islamica.
In numeri, sono circa 1,3 milioni di persone che abitano quei territori, la maggior parte sfollati da Gaza. I gruppi per i diritti umani si vedono preoccupati per l’avanzare dell’esercito israeliano.
Per Washington, quella che si sta combattendo è la guerra più pericolosa da quella dello Yom Kippur del 1973. Gli americani stanno cercando di mediare un accordo sugli ostaggi, un nuovo governo nella striscia di Gaza sostenuto dall’Autorità Palestinese, il riconoscimento della necessità della creazione di uno Stato palestinese, problematica nata dalle guerre arabo-israeliane a partire dal 1948 con la nascita dell’autoproclamatosi Stato di Israele, e la prosecuzione della normalizzazione degli Accordi di Abramo.
Intanto, una delegazione di Hamas si è diretta al Cairo per avviare dei colloqui su Gaza con l’obiettivo di un cessate il fuoco. Israele, invece, si divide al suo interno con molta parte della popolazione che chiede a gran voce il ritorno degli ostaggi vivi a qualunque costo.
Per muovere le acque, Washington ha sanzionato per la prima volta, un evento mai accaduto nel solco delle guerre arabo-israeliane, quattro coloni accusati di aver perpetrato violenze sistematiche a danno dei palestinesi della Cisgiordania.
Biden dovrà mediare un accordo, mentre il Congresso si appresta a votare un pacchetto massiccio di aiuti in difesa di Israele.
Il segretario di Stato americano Antony Blinken ha affermato che gli eventi compiuti da Hamas lo scorso 7 ottobre non danno ad Israele il diritto di disumanizzare gli altri, non può essere una licenza.
Il conflitto dovrebbe intensificarsi: lo stato ebraico ha ribadito che sarebbe disposto a lasciare che il leader militare di Hamas, Yahya Sinwar, vada in esilio in cambio del rilascio di tutti gli ostaggi. Tuttavia, ha promesso di uccidere altri leader che hanno diretto l’attacco militare come Mohammed Deif.
Il leader centrista e ministro del Gabinetto Benny Gantz in un suo post su X ha scritto “Ho detto a Blinken che per consentire la continua introduzione degli aiuti umanitari a Gaza è necessario un coinvolgimento internazionale e un meccanismo per garantire che gli aiuti non vadano a Hamas”.
Inoltre, ha ribadito che sono stati discussi alcuni dossier come la normalizzazione dei rapporti con l’Arabia Saudita e una soluzione nei confronti degli Hezbollah in Libano.
di Nicole Giordano vicedirettore