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26/07/2023Nella splendida cittadina d’arte di Forlì, presso il Museo San Domenico è stata ideata e realizzata la mostra “L’arte della moda.
L’età sei sogni e delle rivoluzioni. 1789-1968”, grazie alla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì. Un percorso di dipinti, statue e l’esposizione con circa 100 abiti che attraversa diverse epoche storiche dalla Rivoluzione Francese, alla Pop Art fino alla contemporaneità.
Si offre ai visitatori l’opportunità di guardare all’arte in maniera più profonda attraverso lo sguardo di una realtà che cambia e che viene espressa dai diversi stili di moda. Un connubio perfetto per indicare innovazione, progresso e descrizione fedele della quotidianità. Un rapporto inscindibile tra queste due dimensioni che si sono influenzate reciprocamente.
D’altronde, l’arte è stata sempre il simbolo della società che cambia e delle rivoluzioni. Il concetto di moda indica generalmente anche altre categorie come il lusso, l’innovazione, il conformismo, il travestimento. Insieme all’arte, diventano simboli di ispirazione, espressione e diffusione di stili di vita e di comportamenti.
Come disse lo scrittore Oscar Wilde “o si è un’opera d’arte o la si indossa”. Dal 5 maggio del 1789 a Versailles, con l’ultima rappresentazione ufficiale dell’Antico Regime, vengono imposte delle norme stringenti sull’abbigliamento funzionali a identificare l’appartenenza alle diverse classi sociali. Un periodo di fermento storico dove nel 1793 la Convenzione decreta la libertà totale di vestire secondo la volontà individuale.
Da qui, si diffondono i simboli nazionali come le coccarde e i tricolori, invece, i nostalgici della monarchia si esprimono attraverso vestiti eccentrici ed esuberanti.
A seguito della caduta di Robespierre, le donne iniziano ad indossare abiti dritti come le tuniche classiche. Nel revival dell’antico si vedono abiti con un punto vita alto dalle linee fluide che ricordano la nobile statualità greca. Accanto alla tunica si impone uno scialle o una mantella per proteggersi dal freddo.
Con Napoleone, la moda torna ad essere uno strumento politico dove insieme alla mondanità dell’epoca vengono utilizzati come strumenti di stato.
Si passa alle classi dirigenti della Restaurazione che si conformano al bon ton , eleganza aristocratica. Tuttavia, rifiutano il fasto e l’ostentazione per abbracciare una sobrietà più intima.
Le donne vestono grandi scollature, maniche ampie e rigonfie, corpetto stretto tagliato in vita e gonne sempre più allargate che danno alla silhouette un semplice pudore.
Conferiscono semplicità e naturalezza nelle pose femminili. La moda degli uomini è avara di ornamenti e colori. Nel periodo dell’Unità d’Italia, Firenze è attraversata da un fervore artistico alla ricerca di nuovi modelli e stili di vita. Interni borghesi che rappresentano mondana eleganza e partecipazione sentimentale.
Dal Sud e segnatamente dalla Sicilia arrivano testi narrativi che denunciano la limitazione del processo di unificazione dove descrivono uno Stato incapace di risolvere i problemi del Mezzogiorno. Si passa al metafisico, grazie all’artista Giorgio de Chirico che si oppone al Futurismo.
Rappresenta nei suoi dipinti la nostalgia del passato. Mariano Fortuny realizza un abito a plissé brevettato nel 1907. Tra realtà e rappresentazione visiva dell’epoca emerge una figura femminile emancipata. Il lavoro di Sonia Delaunay è emblematico perché rappresenta nell’arte, il gusto di una moda creativa ridefinendo il concetto di donna moderna.
Dagli anni 30’ si va verso il Made in Italy. Il regime fascista istituzionalizza la moda. Nel 1932 nasce l’Ente autonomo per la Mostra Permanente a Torino con lo scopo di coordinare le attività di tutti i settori di abbigliamento. Un’emancipazione della moda italiana influenzata dagli ateliers parigini.
Nel dopoguerra, nascono il Centro Italiano della Moda nel 1948 a Milano, e il Centro Internazionale delle Arti e del Costume a Venezia nel 1951. L’anno successivo ha luogo l’Italian High Fashion Show, sfilata di alta moda organizzata da Giovanni Battista Giorgini nella sala di Palazzo Pitti a Firenze. Dal cuore della città toscana con raffinatezza, originalità ed eleganza nasce il Made in Italy.
Come nasce il progetto
Il progetto nasce per riscoprire l’identità storico-culturale della città e del suo territorio su un duplice processo: quello della memoria e della produzione culturale.
L’idea di restaurare il Museo Civico di San Domenico è stata avviata dalle amministrazioni comunali insieme alla Fondazione di cassa di risparmio.
Una valorizzazione dell’arte grazia anche al supporto di oltre novanta studiosi di diverse discipline. Grazie al lavoro di prestatori italiani e internazionali, la città di Forlì ha potuto mostrare ai suoi visitatori numerosi autentici, oltre tremila opere.
Una collaborazione con il Museo del Prado di Madrid, i Musei Vaticani, Musée d’Orsay di Parigi, l’Ermitage e il Puskin di Mosca, la National Gallery e il Victoria and Albert Museum di Londra, l’Alte Pinakothek di Monaco, il Kunsthistorisches Museum di Vienna, il Metropolitan di New York.
Un grande evento per aiutare il recupero del patrimonio culturale locale e un’occasione di investimento lavorativo.
Di Nicole Giordano vicedirettore