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15/05/2024L’Iran e Israele sono diventati acerrimi nemici. Il mondo con il fiato sospeso, in relazione all’attacco iraniano contro Israele.
L’operazione Vadeh Sadegh ‘Vera promessa’ ha dato il via all’attacco della Repubblica islamica dell’Iran contro lo Stato di Israele. Daniel Hagari, portavoce dell’esercito israeliano ha dichiarato che il lancio di droni e missili è avvenuto la notte del 13 aprile.
L’emittente televisiva di proprietà saudita Al-Arabiya ha dichiarato che sono più di 400 i droni lanciati in diverse ondate da Iran, Iraq e Yemen. I media iraniani hanno riportato che la Repubblica islamica ha preso di mira solo siti militari. Una mossa strategica prevedibile visto un precedente attacco aereo da parte di Israele verso il consolato iraniano a Damasco.
Il dilemma per gli studiosi di relazioni internazionali e altri intellettuali sembra sia quello di dover analizzare la risposta sul come pensare all’attacco iraniano: se in termini simbolici in relazione a quanto avvenuto con l’uccisione di un alto comandante dei pasdaran poche settimane prima oppure in termini di escalation del conflitto facendo precipitare la regione in un ulteriore caos e invitando gli amici arabi del territorio a schierarsi o con l’una o con l’altra parte.
Nell’area geografica tra Iran e Israele i circa 170 droni suicidi sono stati intercettati e abbattuti nei cieli della Siria e della Giordania. I 120 missili balistici, l’arma più temuta perché hanno la capacità di raggiungere lo stato ebraico in tempi brevi, molti sono stati abbattuti dal sistema di difesa aerea Arrow, progettato per intercettare missili balistici a corto e breve raggio e dovrebbe essere l’unico sistema di missili antibalistici al mondo capace di intercettare bersagli nella alta stratosfera.
Alcuni sono riusciti nell’intento di aggirare le barriere israeliane colpendo Nevatim, a est di Be’er Sheva sede di una base aerea, senza provocare vittime.
La questione per Teheran può dirsi conclusa. Il capo di stato maggiore delle forze armate, Mohammad Bagheri ha invitato Israele e gli Stati Uniti di non rispondere all’attacco. Per lo stato mediorientale è un chiaro invito a fermare le operazioni e a non avviare ulteriori escalation. Da Washington è arrivata la condanna all’attacco iraniano e il ferreo sostegno a Tel Aviv.
Tuttavia, Biden invita alla moderazione e a non intervenire militarmente. Gli Stati Uniti non sosterranno alcun contrattacco israeliano. Un elemento di non poco conto data la continua vicinanza di Washington e dei suoi alleati a sostenere la causa ebraica.
La Casa Bianca ha sempre appoggiato le scelte dello Stato sionista, ma in questo caso, per evitare una escalation senza precedenti che farebbe precipitare tutta la regione del Medio-Oriente in guerra, si astiene dal favorire un’azione di risposta ebraica. Una strategia che va inquadrata anche alla luce delle imminenti elezioni presidenziali.
All’interno della regione mediorientale sorprendentemente è arrivata un’adesione informale verso Israele a danno di Teheran. Il regno hashemita di Giordania ha partecipato all’azione collettiva in risposta all’attacco che, secondo la versione ufficiale fornita dal governo si è trattata di un’azione scaturita per difesa dei suoi cieli. Secondo fonti del Wall Street Journal, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi avrebbero fornito informazioni durante le ore critiche dell’attacco a Washington.
La situazione di alleanze con i paesi arabi sunniti va inquadrata nell’ambito degli accordi di Abramo. Attraverso questi legami diplomatici si sono rafforzate le relazioni in ambito securitario, nonostante l’Arabia Saudita non abbia firmato alcun patto con Israele. La monarchia saudita non potrà essere alleata della Repubblica islamica che sta portando avanti la Proxy War, ossia sta intessendo una fitta rete con diversi gruppi della regione per perseguire i propri interessi strategici.
La guerra per procura prevede che gli attori statali, noti anche con il termine di mandanti possano perseguire i propri obiettivi affidandosi ad attori non statali chiamati agenti che operano come intermediari o mandanti. I diversi gruppi sono gli sciiti Hezbollah in Libano, gli Houthi nello Yemen e i sunniti di Hamas a Gaza e diversi miliziani tra Siria e Iraq.
Tel Aviv ha bisogno di guardare verso gli alleati. Senza la Middle East Air Defense (MEAD) alleanza politico-militare può darsi che Israele non avrebbe avuto un sistema di difesa tale da proteggersi dai numerosi droni. Intanto, la risposta di Israele non si è fatta attendere. L’attacco è avvenuto nella notte colpendo la zona di Esfahan. Secondo fonti ufficiali iraniane è stata colpita una base aerea militare vicino alla zona di Esfahan, ma i siti nucleari si trovano in “totale sicurezza”. Gli alleati lavorano per evitare un ulteriore escalation.
di Nicole Giordano vicedirettore